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sabato 4 dicembre 2010

Analisi del Territorio in Provincia di Trapani a cura di Enzo Giordano

Analisi del Territorio in Provincia di Trapani
a cura di Enzo Giordano.





Il territorio della provincia di Trapani, malgrado la sua marginalità geografica, rappresenta un potenziale polo di attrazione turistica di grande spessore.Le risorse che ne determinano la capacità attrattiva quali: i centri storico- monumentali, le zone di interesse preistorico ed archeologico, le riserve naturali e i luoghi balneari, concorrono a costituire l'elemento base dell’offerta turistica.L’utilizzo di un così variegato sistema di attrattive deve, necessariamente, essere accompagnato da un efficace sistema di funzionalità turistica, in grado di offrire un piacevole soggiorno al turista-consumatore.Il quadro che emerge dalla situazione attuale nella provincia di Trapani, in termini di sviluppo turistico è, in realtà, poco attuabile in rapporto alle potenzialità espresse. Il nodo centrale che ritengo vada sciolto con estrema chiarezza riguarda la questione dell’organizzazione turistica nel territorio trapanese.Ciò significa attuare un processo di innovazione che, partendo dalla necessità di superare le arretratezze esistenti, giunga a fornire un’offerta turistica pronta a soddisfare la variegata domanda espressa dai turisti.L’offerta turistica, nella sua accezione più ampia, non è limitata alle attrattive originarie della zona, come le risorse ambientali ed artistiche, ma si estende in maniera preponderante alla totalità dei servizi ricettivi, di ristorazione, di trasporto, di accoglienza e di assistenza.Lo sviluppo turistico nella nostra provincia può risolversi, pertanto, soltanto puntando su una programmazione omogenea ed armonica che coinvolga tutti i settori destinati alla " customer satisfaction".Sono indispensabili strategie di intervento mirate non tanto ad una crescita intesa in termini quantitativi, bensì ad un’evoluzione che garantisca la qualità dei servizi.Negli ultimi anni, il turismo ha conosciuto profonde trasformazioni sociali, economiche e tecnologiche. Adeguarsi a tale cambiamento non significa subire in maniera passiva il suo verificarsi ma diventare i meri protagonisti.Ritengo indispensabile puntare su una logica di crescita che operi una profonda revisione delle metodologie di intervento, individuando i punti focali di uno sviluppo turistico.La provincia di Trapani, nonostante presenti una grande varietà di testimonianze storiche ed antropologiche, risulta quasi esclusa dai grandi circuiti turistici. Sarebbe opportuno indirizzarsi verso una adeguata promozione turistica che contempli tutti gli aspetti caratterizzanti il territorio: ambientali, storico-artistici e socio-culturali.Attuare una intelligente politica dei prezzi e differenziare l’offerta turistica diventano gli assi portanti di una maggiore competitività finalizzata ad evitare l’emarginazione dal mercato.Al fine di recuperare flussi turistici ed allargare la fruizione del turismo a più larghi strati sociali, è opportuno tenere conto dei diversi target a cui indirizzare l’offerta, puntando sulla destagionalizzazione del turismo. Bisogna formulare ed offrire proposte specifiche per segmenti turistici di mercato: storico-culturale, congressuale, giovanile, terza età, sportivo, nautico, naturalistico, archeologico, ecc. Bisogna, altresì, proporre iniziative moderne e competitive, capaci di adattarsi alle esigenze della nuova clientela sempre più alla ricerca di una cultura in senso più ampio: folklore, gastronomia, tradizioni, storia e costumi.Congiuntamente a questo, sarebbe opportuno organizzare e promuovere manifestazioni di interesse culturale, folkoristico, musicale, ecc. che abbiano un notevole richiamo turistico. E’ indubbio che affinchè vi sia turismo nella nostra provincia, occorre focalizzare l’attenzione su alcune strategie che si traducono in:Salvaguardia dell’ambiente e valorizzazione delle risorse naturali e monumentali del territorio e delle bellezze paesaggistiche.


Cultura dell’accoglienza. Potenziamento dell’attuale basso livello quantitativo e qualitativo delle strutture turistiche.E’ opportuno migliorare ed ampliare l’offerta turistica dalle infrastrutture di base (mezzi, vie di comunicazione,ecc.) e turistiche (porticcioli, centri di informazione, ecc.) alle strutture ricettive e di ristoro, ai servizi di trasporto, di accoglienza e di assistenza. Diventa, inoltre, indispensabile, mediante una adeguata formazione professionale, qualificare le risorse umane, affinchè possano garantire professionalità nel campo dell’accoglienza e dell’offerta dei servizi. Purchè il sistema turistico nella provincia di Trapani raggiunga un più alto grado di sviluppo integrato, sarebbe necessario ed auspicabile: Che le piccole e medie imprese e le associazioni operanti nel settore si coalizzino, poiché è a questo livello che si realizza concretamente il miglioramento dell’attività turistica.Che l’investimento privato ed il sostegno pubblico si muovano nella stessa direzione, ovvero orientandosi verso uno sviluppo il più possibile equilibrato.In questa logica, una politica possibile è quella di agevolare l’accesso al credito delle aziende private, attuando un processo di liberalizzazione dell’investimento, attraverso un serio disboscamento dell’oppressione burocratica.Si deve, infine, considerare l’opportunità di favorire la creazione di centri di consulenza e assistenza per le imprese turistiche e di ciò con ITALIAN HOSPITALITY ci organizzeremo. Ritengo che l’efficienza di tali centri potrebbe rappresentare un’ulteriore valvola di aggiustamento per lo sviluppo armonico ed omogeneo di codesto territorio, ma anche a livello Nazionale.

venerdì 3 dicembre 2010

Il Sud d'Italia è sempre poco conosciuto.

Il Sud  d'Italia è sempre poco conosciuto



di Enzo Giordano
Esperto di Marketing e Management Turistico










Per i turisti tedeschi, francesi e britannici che hanno visitato il Sud Italia, spiagge e patrimonio artistico delle città sono ad altissimo gradimento. Ma sono ancora una minoranza i viaggiatori dei tre paesi europei che si spingono oltre Roma: solo il 29% dei turisti tedeschi, il 24% di quelli britannici e il 16% di quelli francesi. C’è quindi un grande bacino di turisti potenziali che ancora mancano all’appello. È quanto emerge da un ampio sondaggio condotto tra un campione rappresentativo di cittadini dei tre paesi del Vecchio continente, realizzato da Confesercenti in collaborazione con la società di ricerche di mercato Swg, proprio per cercare di mettere in evidenza le ragioni della marginalizzazione turistica del Sud Italia.


«Dal nostro studio», spiega il presidente di Assoturismo-Confesercenti, Claudio Albonetti, «esce bocciata soprattutto la pubblicizzazione all’estero delle regioni meridionali: una promozione carente o addirittura assente. In mancanza di campagne informative organiche, a spingere i turisti europei oltre Roma ci pensano così il passaparola di amici e parenti, l’immaginario creato da film e televisione o, novità emergente, i buoni uffici di internet». Secondo i dati Swg, infatti, il 23% dei tedeschi conoscerebbe le nostre regioni meridionali soprattutto attraverso le parole di amici e parenti, così come il 21% dei britannici e il 20% dei francesi. Un altro 20% di cittadini dei tre paesi europei si sarebbe invece fatto un’idea del nostro Mezzogiorno grazie alla televisione. Il 14% dei tedeschi, il 15% dei britannici e il 12% dei francesi, infine, avrebbe raccolto informazioni sul Sud Italia tramite il web.


L’indagine, d’altro canto, rivela anche come oltre il 90% dei visitatori tedeschi, britannici e francesi sia rimasto molto o abbastanza soddisfatto del viaggio nel sud della penisola. Un dato una volta tanto in linea con il resto del paese, il cui indice di gradimento medio complessivo viaggia attorno al 95%. «Ciononostante», prosegue Albonetti, «il Sud resta un illustre sconosciuto per una vasta platea di turisti europei: circa l’11% di britannici, tedeschi e francesi ha dichiarato, infatti, di non avere sufficienti informazioni utili a poterlo scegliere come meta di una vacanza».


Considerevole pure la quota di chi ha asserito di non essere interessato per niente a recarvisi: il 17% dei tedeschi, il 22% dei britannici e il 21% dei francesi. «Un’ulteriore prova, seppur indiretta», conclude Albonetti, «del fatto che non sono stati raggiunti da una promozione turistica incisiva. Tra gli altri motivi che scoraggiano una vacanza al Sud ci sono poi i costi elevati e, con percentuali mediamente più modeste, il rischio mafia e camorra, nonché il clima eccessivamente caldo».


Nello studio Swg compare, infine, anche il capitolo sporcizia e rifiuti, che, dopo le traversie passate da Napoli, preoccupa sì, ma in modo abbastanza marginale: l’8% dei tedeschi, il 10% dei francesi e appena il 2% dei britannici.










Gli atout del Meridione






L’indagine Swg non ha naturalmente dimenticato di analizzare anche le attrattive del Sud che conquistano i turisti europei. Sole, mare e bellezze naturali sono risultati così i punti forte dell’offerta meridionale. Quasi la metà di tedeschi e francesi e un buon terzo di britannici hanno, infatti, dichiarato di farsi sedurre soprattutto dal clima e dalla natura delle regioni e delle coste del Sud. Alto per britannici (24%) e francesi (19%) anche il valore aggiunto di arte e cultura che invece sembrano non ammaliare particolarmente i tedeschi (8%). Altro piatto forte di una vacanza al Sud si rivela, poi, il buon cibo accompagnato dal buon vino, apprezzati dal 24% dei britannici, dal 17% dei tedeschi e dal 10% dei francesi.


Per quanto riguarda le destinazioni del Sud preferite, invece, è stata registrata un’accentuata differenza tra i gusti dei viaggiatori a seconda del proprio paese di origine: i tedeschi non hanno dubbi e fanno rotta in maggioranza per la Sicilia (il 41% contro il 29% che preferisce la Campania). Al contrario, il 36% dei britannici predilige Napoli, le isole e la costiera, mentre solo il 28% sceglie la Sicilia. I francesi, infine, si dividono equamente fra interesse per la Campania (28%) e per la Sicilia (27%). Più distaccate, poi, le altre mete del Sud d’Italia, con tedeschi in maggioranza in Sardegna e Puglia (preferite entrambe dal 10% del campione) rispetto a britannici (9% verso l’isola, 3% sulle spiagge pugliesi) e francesi (5% in Sardegna, 1% in Puglia).
Mi chiedo, ahimè, come faccia l'ENIT a continuare a divulgare errate proiezioni. Vanno coinvolte in modo consistente le Provincie Regionali che devono promuovere le loro provincie arricchendole di Eventi e soprattutto necessità sempre più riqualificare il parco Esercenti, poco proiettato in un contesto mondiale ormai in atto.
Resto dell'idea che oggi il Turismo richieda gente qualificata...l'improvvisazione, purtroppo ha creato soltanto disservizi e prezzi inadeguati ed impraticabili che portano al crack... Io continuo ad affermarlo da anni, tutti sono concordi, solidali ma poi ogni anno PANTA REI...  Il Merdione d'Italia necessita di Veri Manager.












domenica 28 novembre 2010

Benessere a misura di hotel di Marco Beacqua

Come costruire un’offerta spa compatibile con risorse, mercato ed esigenze di ogni struttura

http://www.italianhospitality.org/
Benessere a misura di hotel


In tutti gli alberghi ci sono spazi sottoutilizzati da sfruttare


di Marco Beacqua










Il mondo del wellness sta cambiando. Il dato di fatto è ormai inoppugnabile: una volta circoscritto soprattutto ai grandi hotel in prossimità dei centri termali, il wellness è ormai un servizio che i viaggiatori, sia business sia leisure, si aspettano di trovare praticamente ovunque. «Un ospite», racconta il managing director dello Studio Anshin, Vittorio De Martino, «quando rientra in albergo dopo un’intensa giornata di lavoro, o al termine di una lunga escursione, desidera più di ogni altra cosa rilassarsi: un quarto d’ora in palestra, magari un po’ di sauna e un tuffo in piscina. Se poi è disponibile pure un massaggio, tanto meglio». Ecco quindi la necessità, anche per strutture di medie dimensioni, di dotarsi almeno di un piccolo spazio benessere.


Domanda. Come fare, però, a rendere redditizi tali spazi?


Risposta. Progettando una proposta compatibile con le proprie risorse. Troppe volte, infatti, mi capita di trovare palestre realizzate in enormi saloni, piene di macchine tanto sofisticate quanto costose e quasi mai utilizzate dagli ospiti. Meglio, invece, concentrarsi su qualcosa di un po’ più piccolo ma di veramente utile per la propria clientela. In tutti gli hotel di almeno 100 camere, tra l’altro, ci sono sempre degli spazi sottoutilizzati, che potrebbero benissimo fare al caso di chi vuole creare un’offerta benessere senza strafare: 50 metri quadrati, per esempio, sono sufficienti a ospitare un bagno turco, due lettini per i trattamenti e un tapis roulant.


D. Tutto semplice, quindi?


R. Non proprio. Bisogna anche sapersi ingegnare: trovare sempre qualcosa che renda la propria offerta unica.


D. Come, per esempio?


R. All’epoca in cui ero responsabile dell’operatività del Crowne Plaza St.Peter’s di Roma, avevo creato un sistema per sfruttare gli spazi wellness anche di sera. La night spa era un’offerta speciale dedicata a chi voleva celebrare, in un ambiente suggestivo, una festa o un momento particolare: a bordo della piscina calda, con le candele accese, un servizio di finger food e, volendo, trattamenti per tutti. L’idea ebbe tanto successo che venne ben presto copiata anche da altre strutture.


D. Non si può mai smettere di pensare a qualcosa di nuovo, quindi?


R. Assolutamente no. Anche perché, quasi ogni anno, arriva qualche novità potenzialmente capace di avere un effetto dirompente sul settore. Basti pensare al pilates: cinque anni fa era una tecnica che non conosceva praticamente nessuno. Oggi è diventata quasi scontata.


D. Anche di trattamenti ne sorgono ogni giorno di nuovi: al miele, al vino, al caviale...


R. A queste novità, sinceramente, credo un po’ di meno. A parte qualche trattamento tradizionale di comprovata efficacia, li considero quasi sempre fenomeni modaioli dagli scarsi effetti pratici e spesso anche poco richiesti dalla stessa clientela. Li si inserisce nei propri menu benessere perché non averli è controproducente dal punto di vista dell’immagine. Ma i massaggi veri sono un’altra cosa.


D. E i macchinari?


R. Lì il discorso è diverso. Le apparecchiature più avanzate fanno davvero la differenza. Solo che si tratta di investimenti non indifferenti e perciò occorre capire quali macchinari siano davvero necessari e richiesti dal pubblico.


D. E come si fa?


R. Non è un compito facile, soprattutto considerando la frequenza con cui vengono lanciate le novità. Occorre informarsi costantemente. Rimanere sempre aggiornati. E poi serve un po’ di intuito. Come quando, sempre al St.Peter’s, ho deciso di acquistare un’apparecchiatura Power Plate.


D. Di cosa si tratta?


R. Di una pedana vibrante che sfrutta la risposta naturale del corpo alle vibrazioni, per allenare tutti i muscoli del corpo. È un concetto davvero rivoluzionario. È però impensabile inserire una tariffa ad hoc per una decina di minuti trascorsi su una pedana. Mi apparve perciò fin da subito chiaro che lo strumento era acquistabile solo se in grado di dare del vero valore aggiunto alla qualità della nostra offerta wellness.


D. E come è andata?


R. Lascio parlare i fatti: dopo solo un anno dal suo lancio al St.Peter’s, ben altre sei strutture capitoline se ne erano dotate. Meglio di così...











Lo Studio Anshin






Quarant´anni di esperienza nel management alberghiero, di cui gli ultimi 17 trascorsi nel gruppo alberghiero Hotel-Invest Italiana (proprietario, tra l´altro, del St.Peter’s) con vari incarichi, tra cui quello attuale di direttore sviluppo e relazioni esterne, Vittorio De Martino è anche il fondatore, insieme al maestro shiatsu (Japan Shiatsu College Tokyo) ed esperto in discipline bio-naturali, Paolo Angeli, dello Studio Anshin: una società di consulenza, specializzata nella gestione di centri benessere, spa e spazi dedicati al wellness e al well-being in alberghi, villaggi turistici, navi da crociera e aziende.


«Una delle nostre ultime novità», spiega De Martino, «sono i Wellness corner: un pacchetto chiavi in mano, che consente di trasformare gli ambienti sottoutilizzati degli hotel in spazi benessere funzionali e redditizi senza alcun costo aggiuntivo per la struttura. In cambio dell´affitto della superficie, in particolare, riconosciamo all´hotel una percentuale del 10% sugli incassi, fatta salva una franchigia sui primi 100 mila euro di fatturato annuo e sull´intero primo anno di attività».









mercoledì 17 novembre 2010

L'Odissea del Maestro Pino Nacci all'Aeroporto di Charleroi in Belgio di Enzo Giordano

Cari amici, desidero raccontarVi l'Odissea del ns caro amico e stimato collega Pino Nacci che si è consumata ieri all'Aeroporto di Charleroi in Belgio il 17.11.c.a. ove si era recato dopo una notte insonne partendo dal Terminale di Bruxelles alle ore 04.45 con un Bus della compagnia BRUSELS CITY SHUTTLE e diretto a Gosselies ove si trova il citato Aeroporto, in attesa di imbarcarsi su un volo della Compagnia Leader nei voli LOW COST RYANAIR in partenza alle ore 06.20 e diretto a ROMA CIAMPINO.
     Ebbene, l'inconsueta folla a quell'ora e la meticolosità dei nuovi controlli su scala mondiale per misure di sicurezza prima del volo con tutti i passaggeri in partenza, ha creato un ingorgo ed un rallentamento nelle procedure (anche per disorganizzazione interno e carenza di organico)che ha fatto si che il ns amico nonostante avesse superato i controlli e si traovasse già pronto per l'imbarco, abbia dovuto anche imbattersi con l'eccessiva fiscalità di una Hostess che ha impedito per un minuto di fare imbarcare il passeggero che nonostante le sue insistenze, ha perso il volo. Il Maestro Nacci era atteso a Napoli all'interno della Fiera ove si svolge in atto L'EXPO SUD e l'Associazione ITALIAN HOSPITALITY è presente con uno STAND. Ribadisco che il Sig. Nacci oltre ad essere ANASCIORE del Belgio per suddetta Associazione ne è anche VICE PRESIDENTE. A Napoli oltre a relazionare sui propositi dell'associazione per il 2011 avrebbe dovuto esibirsi assieme ad altri professionisti per allestire una degustazione in seno alla Fiera e poi aveva incontri importanti con colleghi di altre Ambasciate Italiane che si erano spostati per incontrarlo. Ebbene, i tutto è sfumato per la rigidità assurda di una impiegata che non ha avuto alcuna solerzia nel far si che il cliente partisse anche perchè l'aesreo ancora nnon aveva nemmeno ritirato la scala ed acceso i motori... L'associazione e tanti amici hanno dovuto cambiare i programmi e Pino Nacci non trovava voli successivi compatibili con gli impegni in scaletta. La mia riflessione su un fatto del genere è molto dura... se tutto ciò sarebbe accaduto nella ns Italia, ne avrebbero già parlato i Media, quindi io Vi allego la cronistoria analitica dalla partenza alla rinuncia, pregando l'amico Pino di fare avere opia del seguente testo a qualche giornale belga e sto inviando il medesimo testo alla compagnia Aerea la quale dovrà almeno scusarsi col caro collega per quanto accaduto anche se ritengo il danno parta dalla struttura aeroportuale, Troverete in allegato sequenza descritta.
     Che dire, W l'Italia... penso che in una struttura aeroportuale italiana il Signor Nacci avrebbe trovato più fortuna ed elasticità.







mercoledì 3 novembre 2010

SIAMO ALLE SOLITE di Enzo Giordano

Cari amici,



oggi mi occupo di rendere noto un articolo molto importante che Informacibo ha pubblicato su questo link: http://www.informacibo.it/a/ciccardini-dardanello-ristoranti-italiani-nel-mondo.htm.  Forte anche di ciò oso affermare che ITALIAN HOSPITALITY si muoverà affinchè venga recepito l'imput del MANGIARE SANO specialmente attraverso i canali istituzionali, sovente assenti. Copia di ciò è stata inviata dal sottoscritto al Ministro del TURISMO Michela Vittoria Brambilla, unitamente ad un Dossier analitico circa le intenzioni della ns Associazione che mira alla Certificazione di Qualità in Italia e nel Mondo.
Cordialità...
Enzo Giordano
Responsabile Nazionale Rapporti
con le Aziende Alberghiere
http://www.italianhospitality.org/


La certificazione dei Ristoranti italiani nel mondo:


una lettera di Bartolo Ciccardini


“Necessità strategica di una Rete di distribuzione dei prodotti alimentari italiani”










Parma 29 ottobre 2010. Continua a far discutere la certificazione dei Ristoranti italiani nel mondo che è stato dibattuto durante la XIX Convention mondiale delle Camere di commercio italiane all’estero (CCIE) svoltasi a Parma la settimana scorsa (leggere Urso e Dardanello: entro Natale mille ristoranti certificati made in italy nel Mondo).






Ora ci ha scritto Bartolo Ciccardini, Presidente dimissionario di Ciao Italia e già Vice-Presidente della Commissione ministeriale per la Ristorazione italiana nel mondo, tirato in ballo da INformaCIBO con una domanda rivolta a Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere e a Adolfo Urso, Viceministro allo sviluppo economico sulle motivazioni che hanno portato allo scioglimento della Commissione ministeriale.






Nella lettera, Ciccardini parla di Ciao Italia ma innanzitutto mette sotto accusa la cecità dei decisori politici e delle associazioni dei produttori (Coltivatori Diretti e Confagricoltura), senza risparmiare il ministro alle politiche agricole, Galan, sulla “Necessità strategica di creare una Rete di distribuzione dei prodotti alimentari italiani”.






Ferruccio Dardanello durante la conferenza stampa a Parma, rispondendo ad una domanda di InformaCIBO, aveva riconosciuto il lavoro a suo tempo svolto da Ciao Italia e Ciccardini e non aveva escluso la possibilità di un recupero della tradizione e della presenza dell’Associazione. Ora Ciccardini, proprio a partire da questo riconoscimento, rilancia la sua proposta per dare un senso “strategico” ai ristoranti italiani all'estero e alla diffusione dei prodotti made in Italy.


Un lavoro che va oltre il semplice bollino di certificazione.










Ma lasciamo qui sotto la parola a Bartolo Ciccardini






(…..........................)


“Quale è la realtà associativa di Ciao Italia in questo momento?


Non v’ha dubbio che l’esperienza storica della prima Ciao Italia è un fatto compiuto. Ciao Italia ha saputo dare, in un momento strategico, la coscienza di poter fare di più. Con la scuola e con l’esempio e con una politica di riconoscimenti, ha convinto i ristoratori che era possibile passare dalla trattoria familiare al Ristorante di qualità, sfidando addirittura la concorrenza del temutissimo ristorante francese.


Negli anni ’90 questa politica si è naturalmente esaurita. Ciao Italia ha proposto una nuova politica: quella della Rete italiana di distribuzione e di presenza del prodotto italiano. Quello di cui non si vuol prendere atto, nella politica italiana, è proprio questo: una produzione di altissimo pregio, realizzata da aziende piccole e medie che non hanno la forza di affrontare il mercato ha bisogno di una sua Rete di distribuzione, per non finire in mano alle multinazionali o alle reti di distribuzione straniere, che potrebbero condizionarne la strategia.


La costruzione di questa Rete è strategicamente necessaria. Fu proclamata obiettivo strategico del Ministero dell’Agricoltura alla fine degli anni ’80. Questo obiettivo è stato dimenticato nell’ultimo decennio. La Rete di distribuzione italiana potenzialmente esiste. Cinquantamila ristoranti che sono o che cercano di essere italiani e cinquemila fra essi che raggiungono la eccellenza, sono una Rete potenziale.






Di che cosa c’è bisogno perché diventino una Rete reale ed efficiente?


C’è bisogno di una politica di incentivi e di programmi per promuovere cooperative d’acquisto, magazzini consortili, rapporti commerciali fra consorzi di produttori e consorzi di ristoratori-distributori, promozione di angoli di vendita presso ristoranti o vicino a ristoranti italiani di qualità, una cointeressenza degli uni e degli altri alle imprese di trasporto, liberate dalla mafia.


La Ristorazione italiana ha creato una classe di imprenditori che ha importanti relazioni pubbliche con le autorità locali, che ha competenza del mercato, che conosce la lingua e le leggi del paese ospitante, che dispone di commercialisti, avvocati, rapporti bancari e quant’altro per creare una Rete di distribuzione.






Cosa manca alla Ristorazione Italiana?


Lo spirito di collaborazione, la capacità di lavorare in squadra, la fiducia e la stima reciproca. Su questi difetti una sana politica può agire con successo.


Il piano proposto da Ciao Italia era semplice: reperimento e riconoscimento dei 5000 eccellenti; parificazione delle aziende della ristorazione all’estero alle aziende italiane; incentivi alle piccole aziende produttrici, ai consorzi ed alle cooperative dei ristoratori da costituire.


Non mi trattengo sui tentativi operati dopo il 2000, perché non rientrano in questo quadro e ci porterebbero lontano.


La maggior colpa è quella delle Associazioni dei produttori (Coltivatori Diretti e Confagricoltura). Avendo perduto l’antica primogenitura politica, di cui erano orgogliosi nella prima repubblica, hanno affidato i loro interessi prima al ceto dei commercianti, che detiene il potere delle Camere di Commercio, ed ora agli operatori turistici che hanno proposto il bollino della Ospitalità.


Gli uni e gli altri sono meritevoli nelle loro iniziative. Ma non sono in grado, per la loro struttura ideologica di intermediazione, di interpretare la politica del prodotto agricolo italiano all’estero attraverso la ristorazione senza allontanarsi dal concetto chiarissimo di: “Necessità strategica di una Rete di distribuzione dei prodotti alimentari italiani”. Il silenzio del Ministro Galan su questo tema è assordante. Dal 1992 al 2009 è esistita presso il Ministero dell’Agricoltura una commissione che, in fasi diverse, si occupava della ristorazione e della strategia per la promozione dei prodotti agricoli italiani all’estero. È stata sciolta.






Può servire ancora Ciao Italia?


All’estero non ci sono altre strutture e sigle che questa, anche se punita ed esangue. Io sono dimissionario per protesta, non potendo altrimenti testimoniare l’errore strategico che si compie. Ciao Italia può tranquillamente morire. Ha svolto il suo compito più importante nel creare l’ “italian pride” del cibo. La necessità urgente non è salvare Ciao Italia, ma riprendere in mano la proposta di Ciao Italia: una strategia politica della Rete di distribuzione italiana”.


Bartolo Ciccardini





sabato 30 ottobre 2010

Intossicazioni alimentari: difficile dimostrare il nesso causale

Intossicazioni alimentari: difficile dimostrare il nesso causale



di Tatiana Torlaschi










Tornano gli appuntamenti con i consigli giuridico-legali di Tatiana Torlaschi. Questa volta la consulente Gesticlaim si sofferma su un tema delicato, che spesso costituisce uno dei peggiori incubi di qualsiasi albergatore: le cause per intossicazione alimentare.






www.gesticlaim.it


Cosa succede se un ospite di un hotel in pensione completa agisce in giudizio contro l’albergatore, richiedendo il risarcimento danni a seguito di un’infezione da salmonella a suo dire contratta con l’ingestione di cibi consumati in albergo? Le richieste in ambito stragiudiziale di questo tipo sono in genere numerose, ma davanti a un tribunale, per il cliente, è solitamente molto difficile riuscire a dimostrare il nesso causale tra il cibo consumato e la malattia contratta. La cassazione civile (sentenza numero 13.082 del 5 giugno 2007) ha, per esempio, rigettato le richieste di una turista, proprio per il mancato raggiungimento della prova del nesso causale. I giudici, nel caso di specie, hanno rilevato la circostanza che, nello stesso periodo, si erano verificati altri casi di salmonellosi riguardanti ospiti presenti in altri alberghi della medesima zona e, al contempo, che nessuna causa comune di tali episodi era stata individuata. Non poteva quindi escludersi in maniera assoluta che l’origine dell’infezione fosse da ricercare nell’assunzione di qualche cibo o bevanda in altro locale, diverso dall’albergo in cui la cliente soggiornava. Possibile, infatti, che durante tutta la vacanza la signora non avesse mangiato nemmeno un gelato, ottimo veicolo per la salmonella?


Affinché il nesso causale venisse provato, in realtà, si sarebbe dovuta realizzare una serie di circostanze spazio-temporali, capaci di costituire una prova certa che l’infezione fosse stata generata senza alcun dubbio dal consumo di pasti in hotel. Considerato poi che i controlli igienici in albergo erano risultati negativi, la responsabilità del gestore dell’albergo veniva dai giudici definitivamente esclusa. Per la cliente ci sarebbero probabilmente state maggiori chance di dimostrare il nesso causale nel caso si fosse verificata un’intossicazione di massa all’interno dell’hotel, poiché in questa eventualità la mole degli elementi sarebbe stata tale da permettere di individuare le responsabilità invocate.









domenica 19 settembre 2010

Enzo Giordano, Responsabile Nazionale dei rapporti con Gli Alberghi per ITALIAN HOSPITALITY

Venerdì 17 Settembre 2010 12:42











Ieri il sig. Giordano Vincenzo è stato Nominato, responsabile nazionale dei rapporti con gli alberghi. La sua nomina servirà ad ottenere un maggior raccordo con il mondo alberghiero ed a sviluppare ed aumentare il numero degli hotel aderenti al nostro marchio di qualità Italian Hotel Foood.






L'ufficio di presidenza e la direzione nazionale non possono che fare i proprio auguri di un buono e proficuo lavoro per se stesso e per l'associazione.













IL PRESIDENTE






Antonio Tagliafierro